di Gaetano Prencipe

L’anno scorso sono stato a Ruvo di Puglia per il Talos festival, incuriosito da un programma che mette insieme teatro, musica e danza ma che, soprattutto, si propone di valorizzare la tradizione delle bande musicali, dedicandole anche con un evento speciale: “La notte della banda”.

Da diversi anni il festival si muove con creatività all’interno di uno spazio culturale aperto all’innovazione, alla sperimentazione ed al coinvolgimento dell’intera comunità, con l’obiettivo dichiarato “di avere sempre uno sguardo verso le radici e uno verso le ali”, così come dice un proverbio arabo “Beato colui che riesce a dare ai propri figli ali e radici”.

Il festival inizia la prima settimana di settembre e dura circa nove giorni, durante i quali si susseguono concerti, produzioni originali, incontri con ospiti internazionali, mostre e master-class, che si svolgono in piazza e all’interno di diversi attrattori culturali.

Un po’ com’è successo nell’800, quando le bande musicali pugliesi, oltre al solito repertorio hanno iniziato a suonare anche opere liriche, facendo a meno dei cantanti e degli strumenti ad arco, così al Talos Festival la musica propria delle bande si fonde con il jazz e con sonorità mediterranee, grazie all’improvvisazione creativa di artisti e musicisti di varia provenienza e soprattutto grazie alla competenza, alla passione ed all’entusiasmo esplosivo del direttore artistico della manifestazione, Pino Minafra, trombettista, compositore e docente del Conservatorio di musica di Bari.

A Ruvo di Puglia, come a Manfredonia da circa 150 anni, vi è una banda musicale organizzata e diretta da un proprio maestro, con il quale durante il festival Minafra ed altri si alternano nella direzione.

Una banda che, dopo aver rinnovato e ampliato il proprio repertorio classico, ha iniziato a calcare le piazze ed i teatri di mezzo mondo.

Contrariamente a quanto normalmente si sostiene, l’innovazione è la maniera migliore per salvare una tradizione. Ovviamente occorre innovare con fedeltà ed intelligenza, valorizzando il nucleo centrale della tradizione    espressa nel tempo da una comunità per innestare su di essa istanze, sensibilità e modalità espressive contemporanee. Una tradizione che si ripeta sempre uguale a sé stessa è destinata a morire o, nel migliore dei casi, a trascinarsi stancamente senza riuscire a dire più nulla a nessuno, nemmeno ai più incalliti nostalgici, figuriamoci alle nuove generazioni.

Pensando a Manfredonia (ma non solo), questo vale per la tradizione della banda come per le manifestazioni civili (per non dire di quelle religiose) ereditate dalla tradizione, che, in mancanza di innovazione, rischiano di ripetersi con modalità espressive incapaci di preservare e tramandare il loro significato originario e non più in grado di incidere sulla vita personale e collettiva, riducendosi al più a vuoti riti identitari.

Innovare non è facile così come non lo è inventare ex novo delle tradizioni, specie se non hanno alcun serio legame con il passato e alcuna originalità (penso a certi cortei in costumi pseudo medievali, con giostre e stemmi araldici, che, se fatti da scolaresche sulla base di un progetto educativo hanno una valenza culturale oltre che pedagogica, se fatte da adulti risultano semplicemente ridicole).

Se non si hanno all’interno i talenti e le competenze occorre avere l’umiltà e la capacità di cercare collaborazioni altrove.

Pensando ad esempio al Carnevale, vera festa popolare (per la quale, anche se a finanziare oggi è la Regione, si spendono ogni anno cifre significative), innovare significa ripensarne le modalità espressive e avere il coraggio di lasciar perdere definitivamente ciò che ormai tanti altri comuni dimostrano di saper fare molto meglio di noi, come la cartapesta, e di valorizzare quanto da anni dimostrano di saper fare le nostre scuole elementari, con creazioni straordinarie e con il coinvolgimento di alunni, insegnanti e genitori, spesso affiancati da artisti in grado di lavorare con i materiali  più diversi. Anche dal punto di vista organizzativo, l’esperienza accumulata da chi da anni se ne occupa con professionalità può consentire scelte più innovative e coraggiose, con un maggiore e diverso coinvolgimento delle diverse generazioni che compongono la comunità cittadina.

lucidartista | Comunità e territorioHo iniziato e finisco citando Ruvo di Puglia perché sono davvero estasiato da quello che sono stati capaci di fare per questo Natale con l’iniziativa “Luci e suoni d’artista” all’insegna della “Maraviglia”. Per più di un mese, con la guida, anche questa volta, di un direttore artistico (un creativo, oggi si usa dire) circa 250 persone sono state coinvolte nella costruzione di luminarie natalizie sonore pensate per arredare gli spazi pubblici, bellissime nella loro semplicità e assolutamente originali nelle loro caratteristiche. Una vera esperienza di comunità, ha sottolineato con orgoglio il sindaco di Ruvo di Puglia, capace di trasformare il Natale in un’occasione per stare e fare insieme, ma anche in una fonte di grande attrazione turistica e di reddito per la città, abitata in queste settimane da migliaia di visitatori.

In tempi di rancore e di egoismo collettivo, con mal sopiti rigurgiti xenofobi, esperienze concrete di comunità vive e solidali come questa, certamente non unica in Puglia, lasciano ben sperare anche per la nostra comunità e per il nostro Paese.

 

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