Con l’articolo dell’economista Nicola di Bari si apre il Focus sulla situazione economica e sociale di Manfredonia e sulle sue prospettive.

Partendo dall’analisi dei flussi demografici e dei relativi indicatori, Di Bari evidenzia come la popolazione anziana di Manfredonia  abbia superato ormai di gran lunga quella giovanile.

L’indice di “struttura popolazione attiva” è passato infatti dal 75,3 dell’anno 2002  al 113,9 dell’anno 2017. (pop. 44-64 anni/pop. 15-39 anni). In altre parole la popolazione in età tra i 40-64 anni è superiore a quella tra i 15-39 anni del 13,9%.

Ciò vuol dire che nel 2017, per 100 persone che lavorano  ve ne sono 53,3 che sono a carico, mentre nel 2002 tale indice era pari al 47,3 incrementandosi di 4 punti.

Le conseguenze di un insufficiente sviluppo ovviamente si ripercuote anche sull’ indice di natalità (nati x1000 abitanti). Nel 2002 è stato del 10,4 nel 2016 tale indice è sceso al 7,9. Si fanno meno figli e la riduzione in termini percentuali è stata del 24%.

Per Di Bari i numeri sopra indicati sono l’effetto di uno  sviluppo insufficiente, che incide in maniera importante sulla qualità del capitale sociale futuro, che è il vero motore di crescita economica e sociale: perchè sono le risorse umane, la composizione  e la qualità delle stesse che creano le condizioni del benessere di un territorio.

Sempre a Manfredonia, il valore del PIL pro-capite (che è misura principale del grado di benessere della popolazione) è pari a circa  Euro 13,1 mila rispetto ai circa Euro 14,5 mila della media regionale a ai Euro 22,9 mila della media nazionale. In termini percentuali rispetto al dato nazionale il livello di benessere è inferiore del 67%.

Il tasso di occupazione nel 2016 è stato invece pari al 39,60%: ciò significa che, tra la popolazione attiva,  fatta di persone tra i 14-65 anni, solo il 39,60% ha un lavoro. In altre parole abbiamo un tasso di inattività pari al 60,4%, di cui le donne e i giovani né costituiscono la parte predominante.

Il dato evidenzia che solo il 46,4% della popolazione residente lavora o ricerca lavoro in modo attivo sul totale residenti compresi tra i 15 e i 65 anni. Il dato regionale è del 51,6%, quello nazionale è del 62,2%.

Si è quindi in presenza di una forte sottoutilizzazione del capitale umano nell’attività economica, che colpisce soprattutto i giovani e in maniera drammatica le donne, dall’altro uno stato di rassegnazione di una parte della popolazione in età lavorativa che il lavoro non l’ho cerca  neanche più.

Sono dati che evidenziano ormai una vera e propria  esclusione sociale di una parte sempre più consistente della popolazione.

Che fare?

Già iniziare a parlarne con cognizione di causa potrebbe costituire un significativo passo in avanti.

E’ questo lo scopo del Focus del prossimo mese,  e l’articolo del dott. Nicola Di Bari, che vi invitiamo  a leggere nella sua interezza (con le relative tabelle di riferimento), è sicuramente un buon inizio per un discorso pubblico sulla città, sul suo presente e soprattutto sul suo futuro.

One Response Comment

  • Raffaele Vairo  Febbraio 24, 2018 at 5:47 pm

    I dati illustrati nell’articolo di Di Bari, sulla situazione economica e sociale di Manfredonia, rappresentano uno spaccato di una realtà drammatica, e quasi a tutti nota, che dura da diversi anni.
    Sono dati che ci dicono che le condizioni socio-economiche della nostra città sono di vera emergenza.
    Condizioni che si stanno, e si riverbereranno sempre più, in tensioni sociali e sofferenze umane, personali e familiari.
    La diagnosi Di Bari è sufficientemente dettagliata e precisa. Tuttavia, non posso dire altrettanto della terapia.
    È vero: “la conoscenza è la risorsa primaria per gli individui e per l’economia nel suo complesso”. Ed è anche vero che: “c‘è bisogno di un’azione collettiva per riparare i tanti guasti di un’economia mal programmata e mal gestita…”, e ancora: “è necessario fare il possibile per trattenere i giovani, fondamentali per lo sviluppo e la crescita”.
    Orbene, per sperare di uscire da questa situazione emergenziale occorrono (anni) di nuove politiche totalmente diverse da quelle implementate fino ad oggi a livello nazionale ed europeo. Politiche irresponsabili improntate all’austerità economica.
    Credere che con l’austerità sia possibile uscire dalla gravissima crisi che ci attanaglia da oltre un decennio è una imperdonabile illusione.
    O si abbandonano le politiche neo liberiste, neo monetariste, neo mercantiliste e ordoliberiste, o non ci sarà nessuna, nessuna, ripeto nessuna, vera ripresa e sviluppo per le famiglie e le micro imprese. E la disoccupazione, la cancellazione dei diritti e della dignità dei lavoratori, le disuguaglianze sociali e le sofferenze umane continueranno…
    Inoltre, occorre aggiungere che la politica ha perso il suo primato sulla finanza. Così come “l’etica” ha smesso di orientare gran parte dell’attività economica per il bene comune. Il profitto a tutti i costi ha trasformato “la responsabilità sociale d’impresa” in un un principio privo di significato.
    L’Italia non ha più una vera sovranità monetaria, fiscale, di bilancio, bancaria, ecc. I mercati finanziari sono talmente potenti da essere in grado di provocare o fermare una crisi italiana (come è già accaduto) in qualunque momento a prescindere dalla performance economica del nostro Paese. Basta utilizzare l’arma dello “spread” per imporre un rientro (insostenibile) del debito in un contesto economico globale magari difficile, tagli alla spesa sociale, intimare alle banche italiane di liberarsi dei Btp in portafoglio o dei crediti deteriorati, in tempi brevissimi, minacciandone il fallimento.
    Con questo voglio semplicemente dire che siamo “schiavi” dei mercati finanziari e che la politica italiana (segnatamente quella fiscale e di bilancio) viaggia con il “pilota automatico”, come qualche anno fa ha dichiarato pubblicamente Mario Draghi. Insomma, la strada sarebbe già segnata dal patto di stabilità interno, dal fiscal compact, dagli impegni assunti con Bruxelles, oltre che dalla legge che obbliga il Governo al pareggio di bilancio (art. 81 Costituzione).
    Caro Di Bari, come sai bene la questione in argomento è estremante complessa e travalica, anche se importante, la dimensione micro (economia degli enti locali, delle singole imprese e famiglie), e si estende ad un livello macro economico (nazionale, europeo e mondiale).
    Concludo dicendo che sono assolutamente convinto che la “precondizione politica ed economica” per avviarci verso un percorso di sviluppo (sia a livello micro che macro) è la rinegoziazione dei Trattati della Ue e l’abbandono delle politiche demenziali e irresponsabili di austerità!
    Raffaele Vairo