di Domenico di Iasio

In un’intervista rilasciata a “La Stampa” (2-marzo-2021) da Monsignor Paglia, alla domanda dell’intervistatore Domenico Agasso su quali sono le priorità attuali, Monsignor Paglia così risponde: «Il mercato deve essere posto al servizio della società, a partire dall’attenzione alle nuove generazioni». È un tema su cui recentemente sono intervenuti, oltre a Monsignor Paglia, Francesco Irti su “Il Sole 24ore” e Giuliano Ferrara su “Il Foglio”. In realtà questo tema era sbocciato nelle aule universitarie nell’immediato secondo dopoguerra in Germania, avviato da Walter Eucken e Wilhelm Röpke. Di quest’ultimo oggi si è preso in considerazione La crisi sociale del nostro tempo che, in conclusione, avanza la proposta della cosiddetta “terza via”, in alternativa al libero mercato assoluto e allo statalismo assoluto. Leggiamo: «…ci diamo pensiero, rispetto al problema del nuovo ordine nell’economia mondiale, della “terza via”, cioè di quella forma di configurazione economica e sociale che ci libererà dall’infeconda incertezza tra collettivismo e “laissez faire”, e che su tutta la linea, di dentro e di fuori, ci risulta la solo possibile soluzione» (Einaudi, Roma 1946, tr. it. di Ettore Bassan,  p. 300). Un dibattito, dunque, sul rapporto Stato-mercato che dalle aule universitarie tedesche e svizzere del secondo dopoguerra si sta riversando oggi nel mondo giornalistico. Non posso che provare piena soddisfazione, al pensiero che una decina di anni fa di questo problema ne parlavo con i miei studenti dell’ex-Facoltà di Economia all’Università di Foggia, e gli studenti erano entusiasti della proposta di Röpke. Una proposta che dal governo tedesco del tempo fu fatta propria e rappresentò realmente la soluzione ai gravissimi problemi di ricostruzione del dopoguerra. Politicamente quella proposta si chiamò “socialdemocrazia”, oggi letteralmente scomparsa dagli scenari politici di ogni genere. Tuttavia, sta ritornando attuale. Perché? Il neoliberismo, che ha distrutto la “terza via” di Röpke, si è concentrato essenzialmente sul modello finanziario. Il cosiddetto “stakeholder capitalism”, il modello finanziario dell’economia, non ha fatto altro che eludere le esigenze della società e mettere al centro unicamente le esigenze di guadagno degli azionisti. Un modello che ovviamente ha fatto acqua da tutte le parti perché l’economia non può disinteressarsi delle esigenze della società, che sono esigenze di lavoro, delle future generazioni, di cure domiciliari degli anziani e via dicendo.

Lo Stato non può disinteressarsi di quest’ordine di problemi, che sono problemi tipici della società nel suo complesso. Sta ritornando, e non possiamo che essere soddisfatti di questo, la critica di Karl Polanyi (La grande trasformazione del 1944) all’economia capitalistica “disembedded”, scorporata cioè dalla società. L’attenzione attuale di Monsignor Paglia a quest’ordine di problemi non può che trovarci consenzienti, sperando che il governo realisticamente si faccia carico di questo nuovo modello di sviluppo che mette al centro dell’economia, non il guadagno fine a se stesso, ma le persone, giovani, anziani e lavoratori, che sono la vera spina dorsale dello Stato.

 

Domenico di Iasio

domenico.diiasio[@unifg.it

 

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