Il problema dei ritardi nella realizzazione delle opere di urbanizzazione (strade, reti  idriche e fognarie, illuminazione, verde attrezzato , etc.) a Manfredonia non riguarda solo le zone residenziali di nuova espansione, i cosiddetti comparti, per intenderci, dove pure negli ultimi anni alcuni passi in avanti si sono fatti e si stanno facendo.

C’è un’altra realtà, che, sempre per via delle opere di urbanizzazione, segna un immobilismo duraturo e imbarazzante: duraturo, perché va avanti da troppi anni; imbarazzante, perché responsabile di tale situazione non sono i privati ma solamente il Comune.

Parlo della situazione delle aree per insediamenti produttivi DI46 (oggi D3E) e PIP, poste a destra sulla strada per Foggia.

Alla fine degli anni ’90, alle imprese che avessero voluto investire a Manfredonia (e a quelle già insediate nell’area) fu assicurato che quelle aree sarebbero state urbanizzate in tempi record perché lo Stato  avrebbe messo a disposizione anche i fondi per farlo. In effetti, i fondi arrivarono, i lavori furono appaltati e, sia pur lentamente, molto si è fatto : oggi c’è lo svincolo con il ponte, ci sono le strade, l’illuminazione e la rete idrica e fognaria  ma … non c’è ancora l’acqua industriale (e, ovviamente, nemmeno quella potabile). È così!

Volendo per ora  tralasciare, per carità di patria, altri problemi che affliggono quell’area industriale, le diverse decine di aziende in attività (da quelle più note, come Olearia Clemente, Somacis, Rotice, De Nittis, Gelsomino Edilizia, Euroambiente, Di Gennaro, ASE, …  a quelle meno note ma altrettanto attive) vanno avanti con i pozzi artesiani o acquistando e facendosi trasportare l’acqua con autobotti.

Per altro, nel 2017  la Regione, per problemi di  carattere ambientale,  ha vietato  alle aziende di realizzare nuovi pozzi artesiani ed anche di utilizzare quelli esistenti : una chiusura  che il Comune è riuscito a rinviare solo  assumendo l’obbligo, non ancora rispettato, di adottare entro quello stesso anno una soluzione alternativa.

La soluzione allora individuata non era quella ottimale, che avrebbe previsto la realizzazione di una nuova condotta idrica di adduzione direttamente collegata con gli invasi gestiti dal Consorzio di Bonifica di Capitanata (per costruire la quale oggi mancano i fondi) ma una di ripiego, consistente nel collegamento della rete idrica interna alle aree DI46 e PIP  con la condotta della SIndyal , che porta l’acqua all’area industriale ex Enichem e che passa a poca distanza.

Era la soluzione del resto già adottata con successo nel 2014 per la Somacis, che,  ha risolto il problema  costruendo in proprio un tronco  di derivazione  ed ottenendo, grazie anche all’aiuto dell’Amministrazione comunale, l’autorizzazione ad allacciarsi da parte della Syndial. Per collegare anche le altre aziende bastava quindi solamente utilizzare la stessa condotta di collegamento e consentire l’allaccio con l’installazione di semplici contatori  di sottrazione per misurare il consumo di ciascuna azienda.

Tutto sembrava che si potesse realizzare entro la fine del 2017, data di scadenza posta dalla Regione, avendo nel frattempo il Comune stabilito le tariffe per il riparto del consumo, approvato tutti gli schemi contrattuali, etc…  Occorreva solo che venisse definito il rapporto tra Comune-Syndial e Somacis (per il quale si è invece dovuto attendere a fine dicembre 2019) e che l’Ufficio Tecnico individuasse nel frattempo una Ditta che facesse gli allacci e istallasse i contatori, ovviamente a spese delle Aziende.

Insomma, era necessario un ultimo sforzo tecnico- amministrativo da parte del Comune perché finalmente l’acqua potesse scorrere nelle tubazioni. Ed invece … nulla!

Nessun problema di difficile soluzione. Nemmeno la scusa che mancano i soldi (che qui non occorrono): solo ordinaria … afasia burocratica, della quale ieri erano chiamati, loro malgrado, a rispondere i Sindaci ed oggi i Commissari Straordinari, ma di cui dovrebbero essere altri a rispondere.  

Quelle aree, se attrezzate al meglio, potrebbero dare una grossa mano alle aziende e diventare attrattive anche per nuovi insediamenti , mentre oggi lo stato di abbandono in cui versano costituisce una valida giustificazione per chi voglia andare altrove o, peggio ancora, per chiudere definitivamente …  per stanchezza.

Non servono capri espiatori. E nemmeno è utile il gioco dello scarica barile. Basterebbe solo che crescesse in tutti la consapevolezza che lo stato di estrema difficoltà della nostra città è anche la sommatoria di tanti piccoli problemi che si trascinano da anni in maniere indolente e rassegnata e che potrebbero talvolta essere risolti anche facilmente e in poco tempo, se ognuno facesse fino in fondo la propria parte.

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