Venerdì scorso, 30 settembre, ho partecipato alla presentazione del volume “Ryo 1981 – Forever”, edito da Globcom-Whole Train Press.
L’iniziativa si è tenuta a Foggia, nell’aula magna del Dipartimento degli Studi Umanistici dell’Università, con il patrocinio del Ministero dei Trasporti e della Mobilità Sostenibili, Assoferr, Impresa Puglia, Lotras e del Comune di Manfredonia, presente con il Sindaco e, in misura davvero sorprendente, con una folta rappresentanza della cittadinanza, che ha riempito l’aula magna fino al completo esaurimento dei posti a sedere, segno di grande stima ed affetto per la famiglia de Girolamo, colpita due anni fa dalla perdita di Domenico Pio, in arte Ryo.
Conosco Armando da tanti anni ma non conoscevo suo figlio Domenico né sapevo della sua passione per il writing e la cultura Hip Hop, finché nell’estate del 2015 non ho visto una mostra “New York in Gargano – Blade King of Graffiti” organizzata da lui e allestita in un locale del nuovo Porto Turistico di Manfredonia con fotografie e pubblicazioni sulle opere di Steve Ogburn, artista di fama mondiale noto con il nome di Blade, nato a New York e cresciuto nel Bronx, tra i precursori di quel fenomeno artistico. Blade aveva partecipato quell’anno alla quinta edizione del progetto Kings of Green organizzata sempre da Domenico presso il terminal ferroviario della Lotras a Foggia-Incoronata.
Confesso che, nonostante il mio innato interesse per l’arte e la frequentazione assidua della Biennale di Venezia e di tante mostre e fiere di arte contemporanea, fino ad allora avevo guardato sì con curiosità e attenzione ma mai veramente apprezzato come vera espressione artistica le lettere e le immagini colorate con le bombolette spray sui muri e men che meno quelle sui vagoni dei treni, incerto sulla linea di demarcazione tra arte e vandalismo.
Domenico Pio, in arte Ryo, era proprio di quest’ultima che s’interessava in modo particolare, ossia dell’arte di colorare i treni, praticandola lui stesso sin dalla giovane età. Aveva infatti iniziato nella seconda metà degli anni ‘90 con Torbi e Skard, attivi come Gargano Crew, insieme ai quali realizzò una murata al “canalone”, un largo canale di scolo delle acque piovane ubicato nella periferia di Manfredonia, nei pressi della stazione. Di anno in anno, affascinato dai graffiti e in generale dalla cultura Hip Hop, finì per diventarne uno dei maggiori conoscitori al mondo, avendo un po’ alla volta anche messo su una sterminata collezione (di fotografie, fanzine, libri, video e opere) e fondato una casa editrice specializzata, la Globcom, che, con il progetto editoriale “Whole Train Press”, ha fatto conoscere al pubblico internazionale tanti protagonisti di questa scena, con i quali intrecciava rapporti artistici e di amicizia.
Tutte persone con cui non era facile stabilire un contatto o un rapporto, che si fidavano di Domenico perché capivano che anche lui aveva provato e ancora amava provare l’adrenalina che si sprigiona in chi di notte, sui binari della ferrovia o nei tunnel di una metropolitana, e talvolta anche per il tempo limitato di una sosta in stazione, appostandosi per ore a tutte le temperature, scavalcando recinzioni e aggirando la vigilanza, affronta il rischio di scrivere le lettere del proprio nickname o di disegnare immagini e messaggi con bombolette spray sui vagoni dei treni.
E’ così che, a partire dal 2010, nella veste di Direttore Marketing e Sviluppo della Lotras, l’azienda di famiglia che si occupa di logistica e di trasporto merci su rotaie, era riuscito a convincere tanti di loro anche a partecipare al progetto “Kings of Green”, una sorta di live painting sui vagoni cisterna della Lotras già colorati di verde, che ha visto numerose edizioni e centinaia di vagoni dipinti da writers famosi e meno famosi provenienti da tutto il mondo.
Chi ha un’indole artistica e sente una genuina passione per l’arte, in qualunque forma o medium si manifesti, spesso vive con sofferenza il dover invece dedicare gran parte del proprio tempo ad un lavoro che nulla ha a che vedere con quel mondo, per cui coltiva il sogno di poter lasciare l’uno per l’altro o quantomeno di riuscire a mettere insieme o a far convivere le due cose. Anche per Domenico non sarà stato facile ma alla fine ci è riuscito.
Prova ne è il bellissimo e pregevole volume curato e presentato ieri da Pietro Rivasi, che raccoglie numerosi contributi e testimonianze e si chiude con le foto del miglior tributo che potessero rendergli alcuni tra i tanti artisti, sparsi per il mondo, che lo hanno conosciuto: scrivere su vagoni e muri le lettere che compongono il suo nome, ognuno con il proprio stile, rendendolo così indelebile nella memoria collettiva e non solo in quella di chi ha avuto il privilegio di poterlo conoscere ed amare.
Ieri, alla buon ora, nella solita passeggiata settimanale con mia moglie sul viale verso Siponto, ci siamo soffermati a osservare con occhi diversi i graffiti sui muri del canalone sui quali RYO ha iniziato ad esercitarsi e sui quali ha lasciato le sue prime firme (e scommetterei che non siamo stati i soli a farlo, tra i tanti presenti venerdì a Foggia). Mi ero svegliato presto e alle prime luci dell’alba avevo già finito di leggere per intero il libro che è stato gentilmente donato a tutti. E, poco più tardi, arrivati al canalone, ho avuto l’impressione che lui e il suo sorriso fossero lì ad attenderci per un saluto.
 
Nella foto RYO (a destra) e Blade (a sinistra) nel 2015 in occasione della V^ edizione del Kings of Green.
Gaetano Prencipe*
*dal “Diario minimo di un consigliere comunale”.

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