Le sedute del Consiglio comunale si lasciano immancabilmente dietro una scia di polemiche.
Spesso sono provocate da comunicati stampa della stessa amministrazione comunale, talvolta a consiglio comunale ancora in corso, per la fregola di dare una versione ufficiale di ciò che è stato presentato e deciso dalla maggioranza. Un’ufficialità che assume quasi sempre i toni della propaganda, fino a far passare per epocali decisioni di modesta rilevanza e di dubbia efficacia.
Altre volte le polemiche si soffermano non tanto su ciò che è stato deciso ma su ciò che è stato detto e su come sia stato detto. Volano accuse reciproche, da una parte e dall’altra, e spesso a beneficio dei soli tifosi, che parteggiano attivamente come se stessero assistendo a delle logomachie più che ad un confronto dialettico fra posizioni e punti di vista diversi. Si fatica perfino a comprendere il ruolo essenziale dell’opposizione, forse perché per troppi anni una vera opposizione non c’è mai stata, contribuendo non poco al declino dell’assise comunale e al mancato controllo sull’attività amministrativa e le sue derive.
Capita anche che in alcuni casi in Consiglio non si dica abbastanza, come quando si danno per letti provvedimenti che invece meriterebbero di essere ben presentati (e non lo sono quasi mai) e adeguatamente discussi. Come è successo nel Consiglio dello scorso 27 ottobre, nel quale non c’è stata né la presentazione né alcuna discussione su una delibera che aveva ad oggetto il pagamento degli oneri di urbanizzazione per gli interventi edilizi ancora da realizzare sui lotti privati nei comparti edificatori dopo l’avvenuta scadenza delle convenzioni.
E lo dico con senso di autocritica, trattandosi di una delibera che è stata radicalmente modificata con l’approvazione di un mio emendamento, presentato prima dell’inizio della seduta ed accolto pienamente dalla maggioranza nella conferenza dei capigruppo. Sarebbe stato bene far comprendere a tutti con assoluta trasparenza in che modo si è cercato di intervenire per affrontare e possibilmente rimediare ad una delle tante situazioni patologiche conseguenti agli eccessivi e colpevoli ritardi accumulati nella realizzazione delle opere di urbanizzazione, (ultimate solo da alcuni Consorzi CA1, CA2, CA5 e CB3), senza però fare sconti a nessuno.
Così come si è fatto ancora peggio da parte della maggioranza a non motivare il perché del ritiro di un punto importante all’ordine del giorno, che riguardava l’affidamento per la durata di 20 anni dell’appalto della pubblica illuminazione e di vai altri servizi (impianti termici, antincendio, semaforici e videosorveglianza), di grande rilevanza economica (31 milioni di euro oltre IVA) e con un forte impatto sul tema del risparmio sul consumo energetico e sui relativi costi, dando così adito ad aspre critiche e legittimi sospetti. Come minoranza eravamo pronti a discuterlo, valutandone i vantaggi ma evidenziandone anche le numerose criticità, ma non ce n’è stata data la possibilità, essendo stato impedito anche il dibattito sul ritiro del punto, che avrebbe potuto anche essere aggiornato dopo la discussione. Evidentemente, in barba alla sbandierata trasparenza, non si è voluto far emergere le divisioni all’interno della maggioranza e nella stessa Giunta, con un Assessore messo in minoranza e visibilmente contrariato per il rinvio.
Nel parlare dei risparmi sulla bolletta energetica comunale attesi con quel provvedimento, avremmo voluto anche cogliere l’occasione per discutere in Consiglio della pessima iniziativa del Sindaco volta a far chiudere nella giornata del sabato le scuole elementari e medie, senza neanche un piano complessivo della riduzione dei consumi energetici, in grado di giustificare adeguatamente e con numeri alla mano una decisione che avrebbe, se attuata, pesanti conseguenze sull’organizzazione della didattica, sugli scolari e sulle loro famiglie, costrette in alcuni casi a fare salti mortali o a sostenere ulteriori costi per accudire i figli nella giornata del sabato, lavorativa per la gran parte dei settori pubblici e privati.
Insomma, il Consiglio comunale, oltre ad affrontare i problemi che interessano maggiormente i cittadini e costituire una palestra per chi si avvicina per la prima volta all’impegno politico e istituzionale, potrebbe, se ben gestito, dare anche un grande contributo ad un corretto e proficuo dibattito pubblico, di cui da anni si sente la mancanza e che non può essere lasciato al linguaggio corrosivo dei social.
Non è superfluo ricordare che la parola svolge un ruolo fondamentale nell’edificazione della polis, perché è proprio la parola che fa dell’uomo un essere politico.
Quando nello spazio pubblico e da parte di chi ha responsabilità della cosa pubblica la parola è svilita, abusata, manipolata, distorta, utilizzata come arma, allora viene destabilizzato lo stesso terreno su cui poggia la democrazia, che vive di parole scambiate, di confronto di opinioni, di dibattiti, di parole che stringono alleanze, di parole condivise che diventano leggi, provvedimenti volti al bene della comunità. Ecco perché la corruzione delle parole corrode la stessa democrazia.
Ecco perché l’uomo politico è chiamato a diventare (e a rimanere) “uomo di parola”, capace di parresia (franchezza, libertà, audacia), che sa osare una parola veritiera, limpida e rigorosa, ed è disposto a pagarne il prezzo. Una persona che promette e mantiene le promesse. Anche perché quando la gente perde fiducia in quello che ascolta finisce per non credere più a nulla e ad essere facile preda dell’antipolitica e dei populisti di turno.
Non si può però diventare uomini di parola se non si ha l’attitudine fondamentale all’ascolto, perché, per concludere con una frase di un filosofo a me caro, Emmanuel Levinas, “ Parlare e ascoltare sono una sola cosa, non si alternano”, ed esigono tempo, pazienza e disponibilità a rimuovere i pregiudizi verso l’altro e a riconoscerne il ruolo.
 
Gaetano Prencipe*
*dal “Diario minimo di un consigliere comunale”.

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